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Lotta della Bibbia per sopravvivere
Nessuno spettacolo cinematografico di avventure dei tempi moderni potrebbe esser pieno di azioni più drammatiche di quelle raccontate dalla storia della lotta della Bibbia per sopravvivere. Nessuna battaglia avrebbe potuto mettere in giuoco interessi più importanti di quelli della Bibbia, eppure nessun’altra contesa potrebbe essere sicura del desiderato felice esito più che quella della Bibbia. Nella lotta l’irresistibile potenza di Geova degli eserciti è schierata dalla parte della Bibbia, e molto tempo fa egli ne predisse immancabilmente il felice esito: “La parola detta da Geova dura per sempre”. (1 Piet. 1:25, NM) Tuttavia, l’intensità della lotta si è animatamente accresciuta durante i secoli, e più di qualche volta il campo di battaglia è stato arrossato dal sangue dei difensori della Bibbia.
La nascita, lo sviluppo e la morte delle diverse lingue hanno costituito il fattore cruciale della lotta. I capi religiosi, spinti da motivi egoistici e diabolici, hanno venerato alcune lingue come sante e sacre; si sono opposti aspramente alla marcia progressiva delle lingue dei popoli, in quanto non hanno permesso alla Bibbia di tenersi a pari passo con il linguaggio comune. Perché? Essi non hanno avuto nessun esempio da Geova Dio per il loro ritardo e indugio. L’ebraico fu la lingua che Egli diede ad Adamo ed Eva nell’Eden. Venticinque secoli più tardi, quando Geova comandò a Mosè di cominciare la scrittura della Bibbia, ancora fu usato l’ebraico. L’ebraico come lingua principale biblica durò circa undici secoli, finché fu completato il cosiddetto “Antico Testamento”. Poi l’ebraico morì come lingua, venendo sostituito dall’aramaico. Si attenne forse Geova ciecamente alla lingua morta? No, benché i capi religiosi giudaici si rifiutassero di scrivere la traduzione aramaica delle Scritture Ebraiche per il popolo comune. Geova considerò le cose in modo pratico, e quando riprese la scrittura della Bibbia non si servì dell’ebraico. Il Vangelo di Matteo fu scritto prima in aramaico. Ma in quel tempo il greco koinè era divenuto la lingua internazionale, sostituendo in questo rispetto l’aramaico. Quindi, attenendosi al mutamento della lingua, Geova Dio indusse Matteo a tradurre quel primo Vangelo in greco koinè, ed ispirò i successivi scrittori della Bibbia a scrivere in greco. La Parola di Dio doveva essere compresa, doveva vivere, e non venir seppellita nelle lingue morte e nascosta alla conoscenza del popolo comune. Proprio questa era la classe che avrebbe ascoltato lietamente, se ne avesse avuto l’opportunità.
Col passar del tempo il latino divenne la lingua parlata da gran parte del popolo comune. Vennero all’esistenza versioni latine delle Scritture, giungendo all’apice con la produzione della Vulgata latina di Girolamo. Quasi in questo stesso periodo di tempo sorse l’organizzazione religiosa della Gerarchia Cattolica Romana che acquistò una formidabile potenza. Essa considerò il latino come lingua sacra e lo venerò, adottandolo come lingua ufficiale dell’organizzazione religiosa. La sua potenza politica aumentò, e fece insuperbire la Chiesa Cattolica. Essa divenne sempre più corrotta, empia, e trasgredì i comandamenti delle Scritture. La Vulgata latina era scritta nella lingua popolare, ma a che scopo? Pochi allora sapevano leggere; ma molti imparavano e ciò non piaceva alla Gerarchia. Quindi col passar degli anni, man mano che il latino cessava di essere la lingua del popolo e la gente comprendeva sempre meno la Bibbia Vulgata, l’astuta Gerarchia se ne rallegrava. Nell’undicesimo secolo papa Gregorio VII ringraziò Dio appositamente per questo fatto. Non si voleva tradurre la Bibbia per conformarsi ai progressivi mutamenti di lingua. Il latino doveva essere la lingua biblica; per informazioni bibliche il popolo avrebbe dovuto rivolgersi ai sacerdoti dell’organizzazione cattolica. Questo era ciò ch’essi desideravano.
Ma Geova Dio non era d’accordo con l’idea della Gerarchia. Egli non aveva mutato il Suo proposito di preservare la Bibbia nella lingua del mansueto e ammestrabile popolo comune. Verso la fine del settimo secolo e all’inizio dell’ottavo secolo furono fatte parafrasi in inglese antico di piccole porzioni della Bibbia, ma queste non furono messe nelle mani del popolo. Dal nono al tredicesimo secolo altre brevi parafrasi penetrarono a poco a poco nella lingua comune, sia in inglese antico che in francese. Però nessuna vera riforma intellettiva ebbe luogo prima dei giorni di Giovanni Wycliffe. Egli visse dal 1320 al 1384 circa, e fu adoperato da Geova Dio per tenere la Bibbia in vita per il popolo comune.
Wycliffe era un erudito sacerdote cattolico romano e per un certo tempo fu rettore di un’università inglese. Più Wycliffe studiava le Scritture, più i suoi occhi si aprivano per discernere la corruzione della Gerarchia. La verità della Bibbia lo animò di coraggio ed egli sfidò la tirannia spirituale di Roma, l’autorità temporale del Papa, l’adorazione delle immagini della Chiesa, la sua dottrina della transustanziazione, la messa, ed altri insegnamenti antiscritturali. Egli mise in vigore la sua sfida diffondendo intrepidamente molti trattati. Nell’opera di testimonianza della verità della Bibbia si associarono a lui molti altri fedeli servitori di Dio, chiamati con disprezzo “Lollardisti”, che significava “ciarlatani”. Gruppi di questi pionieri predicatori andavano in lungo e in largo per il Paese distribuendo i trattati di Wycliffe.
Poi venne il colpo duro contro la Gerarchia. Wycliffe aveva scritto i trattati in inglese medio, lingua allora parlata dal popolo comune, e quindi decise di rivelare tutta la Bibbia ai suoi compaesani. Egli l’avrebbe liberata dalla tomba di lingua morta in cui era stata seppellita dall’iniqua Gerarchia; come per risurrezione sarebbe nuovamente vissuta per il popolo nella sua propria lingua. Così tutti avrebbero capito che i suoi trattati avevano detto la verità riguardo alle antiscritturali pratiche e dottrine dell’organizzazione religiosa cattolica romana. Wycliffe comin-ciò la sua opera nel 1382, ma prima della sua morte, nel 1384, non l’aveva completata, avendo provveduto soltanto la traduzione di tutte le Scritture Cristiane e circa metà delle antiche Scritture Ebraiche. Nella sua opera si servì della Bibbia Vulgata latina di Girolamo. Nicola di Hereford si dedicò all’opera interrotta dalla morte di Wycliffe, e completò la traduzione. Circa otto anni più tardi l’intera traduzione fu riveduta da Richard Purvey, amico di Wycliffe. Giovanni Wycliffe e i suoi collaboratori furono i primi a tradurre in inglese la Bibbia completa.
Ora che la Sacra Bibbia aveva infranto i legami della morta lingua latina e che la sua luce non era più nascosta come se fosse sotto un moggio, avrebbe la Gerarchia accettato benevolmente la sconfitta? Niente affatto. La stampa a caratteri mobili non era stata ancora inventata, e la produzione delle copie di manoscritti della traduzione di Wycliffe procedeva lentamente; tuttavia, malgrado la violenta opposizione, la versione inglese veniva diffusa. L’arcivescovo Arundel di Canterbury, deprecando l’accaduto col Papa, inveì contro il traduttore, chiamandolo “quel miserabile pestilente, Giovanni Wycliffe, figlio dell’antico Serpente, precursore dell’anticristo, che aveva compiuto la sua iniquità inventando una nuova traduzione delle Scritture”. Nel 1408 la Gerarchia Cattolica Romana proscrisse la traduzione; sui violatori incombeva la punizione di una grave scomunica. Nel 1414 una legge ispirata dalla Gerarchia decretò che tutti quelli che avessero letto le Scritture in inglese avrebbero “perduto i diritti di terreno, bestiame, vita, e beni per i loro eredi per sempre”. I servi di questa vile banda religiosa diedero la caccia ai possessori della traduzione di Wycliffe come se fossero stati animali selvaggi. Lettori della Bibbia furono bruciati sul rogo con copie di essa legate intorno al collo; i figli erano costretti ad accendere il fuoco che avrebbe consumato i loro genitori. La Gerarchia, frustrata e furiosa, al suo Concilio di Costanza, nel 1415, condannò gli scritti di Wycliffe, e nel 1428 i suoi resti furono esumati, bruciati e le sue ceneri gettate nel fiume Swift.
Nel quindicesimo secolo l’invenzione della stampa mutò il volto della civiltà; destinò anche alla sconfitta i malvagi disegni della Gerarchia contro la Bibbia. La prima pubblicazione che uscì dalla macchina stampatrice dell’inventore Giovanni Gutenberg fu la Bibbia Vulgata latina, intorno al 1456. Poco dopo furono pubblicate versioni stampate nelle lingue correnti dei principali Paesi europei. Soltanto l’Inghilterra indugiava. La popolare traduzione inglese di Wycliffe non venne stampata contemporaneamente alle altre versioni in lingua comune. Nessuna parte della Bibbia inglese fu stampata prima del 1525, nessuna Bibbia completa in inglese prima del 1535, e nessuna stampata in Inghilterra stessa prima del 1538. Ciò nonostante, la Gerarchia aveva perduto la sua lotta contro una Bibbia vivente per il popolo comune. Sebbene essa fosse riuscita a distruggere molte migliaia di copie della Parola di Dio, la stampa la sconfisse producendo più copie di quanto essa potesse distruggere.