Giudici

     “Giudici” è la traduzione del nome ebraico Shofefìm, il quale deriva da shahfàt, che significa “giudicare, vendicare, punire, governare”. Si applica ai governatori o giudici visibili della Teocrazia tipica che vissero dal tempo di Mosè a quello del regno di Saul. Essi non ricevettero l’incarico mediante elezione, ma furono nominati dia Geova. L’incarico non veniva passato ai discendenti, come lo fu in seguito il diritto reale. I giudici non ricevevano nessuna paga, né vivevano con pompa. Erano i servitori di Geova e governavano per gli interessi del popolo.
     Chi fu lo scrittore del libro? La risposta non può esser data con certezza, ma le maggiori evidenze indicano Samuele. Alcuni attribuiscono il libro ad Ezechia, altri ne danno il eredito ad Esdra, ed altri ancora asseriscono che fosse l’opera di Fineas. Il tempo della composizione del libro pare che restringa il campo delle possibilità a un uomo solo, cioè, Samuele. La ripetuta frase che questo o quell’avvenimento abbia avuto luogo quando “non v’era re in Israele” indica con chiarezza che c’era un re quando fu scritto il racconto, (17:6; 18:1; 19:1; 21:25) Inoltre, al tempo dello scritto i Gebusei erano ancora a Gerusalemme: “I figliuoli di Beniamino non cacciarono i Gebusei che abitavano Geru-salemme; e i Gebusei hanno abitato coi figliuoli di Beniamino in Gerusalemme fino al di d’oggi [in cui fu scritto il racconto]”. (1:21) Ma al principio del regno del re Davide i Gebusei furono assoggettati. (2 Sam. 5:6,7) Il racconto dev’essere stato scritto quindi durante il regno del primo re d’Israele, Saul. Fineas visse molto prima di questo tempo, ed Ezechia ed Esdra molto dopo. Le prove addotte indicano che lo scrittore fu Samuele.
     Il numero totale degli anni nei quali i giudici governarono su Israele non può essere accertato con sicurezza perché il tempo nel quale alcuni giudici ebbero l’incarico si sovrappose, e perché altre difficoltà cronologiche complicano i dati relativi alla durata di questo periodo. Ma sembra abbastanza certo che il tempo dei giudici da quando assunse l’incarico Giosuè fino all’intronizzazione del primo re israelita fosse di circa 356 anni. A questa cifra si perviene nel modo seguente: Secondo 1 Re 6:1, Salomone cominciò a costruire il tempio nel quattrocentottantesimo anno dopo l’esodo, e nel quarto anno del suo regno. Davide aveva regnato prima di lui per 40 anni, e Saul prima di Davide per altri 40 anni. Aggiungendo a questi 84 anni i 40 anni trascorsi nel deserto, che terminarono con l’assunzione dell’incarico di Giosuè, otteniamo 124 anni. Sottraendo questi a 480, rimangono 356 anni. Assegnare la cifra tonda di 350 anni al periodo dei giudici non contraddice la dichiarazione di Atti 13:19,20, come sembrerebbe quando si legge tale riferimento nella Versione Riveduta. Traduzioni fatte secondo i migliori dati di manoscritti attualmente disponibili risolvono la difficoltà suscitata dalla Versione Riveduta. (Si vedano la Versione Standard Americana, Rotherham, Weymouth e Una Traduzione Ame-ricana).
     Il periodo dei giudici fu un tempo turbolento nella storia d’Israele. Fu contrassegnato da alti e bassi, in proporzione della loro ubbidienza e della loro disubbidienza. Muovendo guerra contro i trasgressori pagani della Terra Promessa gli Israeliti pervennero al pieno potere. Ma essi non cacciarono via gli adoratori di demoni; invece li ridussero in schiavitù. Come era stato preavvertito da Dio, questa condotta portò gli Israeliti nel laccio della falsa religione. (Deut. 7:16) Essi si compromisero e fecero alleanze con gli abitanti del paese, e non sradicarono né distrussero del tutto la religione demonica; anzi ne divennero schiavi. Perciò Geova disse: “Io non li caccerò d’innanzi a voi; ma essi saranno per voi tanti nemici, e i loro dèi vi saranno un’insidia”. (2:3) Lasciandosi intrappolare dalla falsa religione, “l’ira dell’Eterno s’accese contro Israele ed ei li dette in mano di predoni, che li spogliarono; li vendé ai nemici che stavano loro intorno, in guisa che non poterono più tener fronte ai loro nemici. … E l’Eterno suscitava dei giudici, che li liberavano dalle mani di quelli che li spogliavano. … Ma, quando il giudice moriva, tornavano a corrompersi”. (2:14-19) Il Signore lasciò quelle popolazioni pagane nel paese per provare se Israele avrebbe camminato nella via della vera adorazione o in quella della religione demonica. (2:20-23).
     Dopo la descrizione delle circostanze effettuata nei primi due capitoli, con rapidità passano davanti agli occhi del lettore gli alti e bassi di quei secoli. Gli Israeliti precipitano nell’adorazione di Baal, sof-frono sotto il re della Mesopotamia, implorano il Signore, e sono liberati da lui mediante il giudice Othniel tornando alla vera adorazione. (3:5-11) Passano quarant’anni, ed essi ricadono nuovamente nella falsa religione. Questa volta è la penetrante lama del pugnale del giudice Ehud che viene infitta nel grasso ventre di Eglon per recare liberazione. (3:12-30) Ma dopo ogni liberazione e ascesa verso l’altopiano della vera adorazione di Geova, gli Israeliti subito cominciano ad accomunarsi con i mondani idolatri del paese di Canaan. Queste empie associazioni corrompono la buona morale e la giusta adorazione, e ancora una volta l’instabile Israele soccombe alla falsa religione e raccoglie la sua messe di punizioni divine. Nel libro di Giudici si verifica di continuo questo succedersi di avvenimenti in periodi regolari, mentre la storia si ripete.
     È come Dio di giustizia che Geova fa pagare loro le ricadute nella falsa religione, ma come Dio di misericordia egli è sempre pronto ad ascoltare le loro sincere suppliche di perdono. Quindi viene la liberazione, e con essa una dimostrazione di potere divino e un atto di vendetta. Miracolosa fu la liberazione al tempo del giudice Barak, quando l’esercito di Iabin al comando del capitano Sisera spiegò le sue forze meglio equipaggiate davanti alla piccola schiera di Barak, poco prima di ciò che sembrava una sicura e facile vittoria. Al momento critico le finestre del cielo sembrarono aprirsi, e la tempesta di lampi fuori stagione folgoreggiò, tuonò e diluviò stroncando la potenza degli oppressori cananei. (4:1-5:31) Ci fu poi il tempo in cui il contadino Gedeone fu fatto giudice e con un gruppo scelto di 300 uomini mise completamente in fuga il disordinato campo dei predoni Madianiti, per mezzo di una strategia diretta divinamente. (6:1-8:35) E ricordate come il guerriero Jefte condusse i suoi combattenti a una irrefrenabile avanzata vittoriosa contro gli Ammoniti stroncando il loro potere sopra Israele, e come il suo desiderio di aiuto divino fu espresso con un ben meditato voto poi ap-propriatamente adempiuto col servizio della sua vergine figlia nel tabernacolo di Sciloh. (11:1-40) Ma il più noto dei giudici, forse, fu il forte Sansone. Fu lui che uccise un leone con le sole mani, mise fuoco ai campi dei Filistei legando per le code 150 paia di sciacalli e lasciandoli nei campi di grano dopo aver acceso una fiaccola tra ciascun paio di code, uccise mille adoratori di demoni con la mascelle, di un asino, portò via la pesante porta di Gaza, e nella morte uccise più nemici pagani di quanti ne avesse uccisi in vita, facendo crollare sulla propria testa il tempio di Dagon mentre era gremito di adoratori di demoni. (13:1-16:31).
     I capitoli 17 e 18 raccontano l’idolatria di un uomo d’Efraim, chiamato Mica, che cercò di stabilire una propria forma di adorazione e di non tener conto della stabilita adorazione del Signore al taberna-colo di Sciloh. Le disastrose conseguenze che ne risultarono sono un monito per le contraffazioni religiose. I tre ultimi capitoli di Giudici contengono la raccapricciante esperienza di un Levita di Efraim. Dopo aver accomodato alla meglio una lite domestica, egli è in viaggio per tornare a casa quando gli uomini di Ghibea (una città beniaminita) abusano della sua concubina in modo tanto vile e bestiale che ella muore. Egli taglia il suo corpo in dodici pezzi, ne manda un pezzo a ciascuna tribù, e quindi descrive le orribili opere dei Gabaoniti alle tribù che in seguito si radunano. I Beniaminiti rifiutano di consegnare i delinquenti di Ghibea, e in conseguenza quasi tutta la loro tribù viene sterminata da Israele. L’ultimo capitolo mostra come si mantiene un voto, e uno stratagemma viene attuato per preservare la tribù di Beniamino. Questi ultimi cinque capitoli non sono in ordine cronologico. Gli avvenimenti in essi descritti si verificarono in realtà verso il principio del periodo dei giudici, ma sono aggiunti alla fine del libro come una specie di appendice.
     Che il libro di Giudici sia autentico è mostrato dalle numerose citazioni e riferimenti che ne son fatti in altre parti delle Scritture Ebraiche e anche delle Scritture Greche. L’undicesimo capitolo di Ebrei è un esempio. Il libro non onora uomini, nemmeno i giudici impiegati come liberatori; la loro prodezza veniva da Dio. Le qualità che si esaltano sono la giustizia, la misericordia e la longanimità di Geova.

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